Qualcuno lo chiama, e condannandolo, tradimento.

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categoria: Cultura

Qualcuno lo chiama, e condannandolo, tradimento.

Si rinnova l'appuntamento con la scrittrice Gemma Gaetani che oggi ci propone un nuovo racconto su un tema a noi caro: il tradimento!

Hai accettato senza opporre parola la mia stupida richiesta di dormire soltanto insieme, questa prima notte che siamo riusciti a rubare alla tua vita e alla mia, a tua moglie e al mio fidanzato. Mi sono fatta paralizzare dal senso di colpa nei loro confronti, e ora siamo qui stesi su un letto d’albergo con i vestiti ancora addosso… Dormire soltanto, e vestiti: perché sono così pavida? Tu invece non lo sei affatto, perché sai che i miei timori sono ridicoli eppure li hai rispettati. Non li hai contestati, non mi hai forzata, non hai recriminato niente, mi hai stretto tra le braccia e carezzato i capelli finché ti sei addormentato. Tu mi vuoi bene veramente.
Il tuo viso è il viso di un uomo… Quanti anni hai, quanti ne hai più di me? Quindici, venti? Questa cosa che in tutte queste settimane passate a sentirci al telefono non hai voluto dirmi mai… Ma non conta… Tu dormi, e non nascondi niente. Io non dormo, non riesco, e tento di celare a me stessa il desiderio che provo per te. Il decreto dell’intimità tra uomo e donna è questo, potersi avvicinare così tanto a un viso, col proprio, da non metterlo più a fuoco… La possibilità della notte insieme, questa è l’intimità... I tuoi capelli sono brizzolati, mossi, morbidi, spettinati… Hai questi tre nei sulla guancia che compongono un triangolo… Sono come un gioco che hai disegnato sulla faccia, guardando le tue foto dallo schermo del mio portatile li avevo toccati così tante volte…

Si possono amare due uomini contemporaneamente? Pensavo di no e invece la risposta è sì, perché amo te e amo lui. Sono amori diversi perché tu e lui siete diversi, ecco perché due amori non dovrebbero entrare in conflitto, ecco perché non dovrebbe esistere una stupida e posticcia regola chiamata fedeltà... Ma poiché io in questo momento non ho coraggio, rinuncio a fare cosa di questo mio amore per te, in nome di quello che provo per lui... È orrendo, dover ghigliottinare un sentimento così bello per senso del dovere... Pianissimo faccio per girarmi dall'altra parte, ma tu ti svegli, nonostante io non abbia fatto niente perché succedesse tu ti sei svegliato perché…

Sento la tua mano sulla mia schiena, tu che mi chiami a voce bassa, io mi rigiro e, non so perché, mi copro il viso col cuscino. Ma tu lo tiri via e mi guardi. Il taglio dei tuoi occhi visti dal vero è bellissimo, tu hai davvero rubato gli occhi a un gatto… Ti sfioro le labbra con un dito, ci guardiamo a lungo senza dire niente, tu chiudi gli occhi e li chiudo anch’io… Poi li riapriamo, insieme, il mio dito ora è dentro le tue labbra e... Ed è come se uno stop, una paletta, una frana, un tronco di traverso d’improvviso avessero bloccato una strada, e tutto quello che infantilmente ti avevo chiesto di non far succedere invece ci si incominci a srotolare davanti come un tappeto rosso e inevitabile. Il tuo mento è aggettato, proteso verso di me, che mi tiro su e intanto tiro giù la lampo della felpa di velluto rosa che poi tu mi togli con l’esatto contrario della cura con cui l’ho scelta stamattina.

Mi tolgo il resto, sfilo le scarpe impugnandole dai tacchi, sbottono i jeans, li abbasso dalla vita, spingo giù e di lato e poi li faccio volare sul pavimento, mi libero delle autoreggenti alzandomi in piedi sul letto perché tu possa guardarmi, con le mani all’indietro per sfilarle ciecamente, poi aggiro i polpacci col dorso del pollice che li sfiora, prima uno e poi l’altro, dopo tu mi tiri giù a te. Ti salgo con le cosce sulle cosce e, avanzando ancora, la stoffa della tua camicia si tende sotto le mie ginocchia mentre l’orlo dei miei slip è obliquo sul mio ventre, da una parte il pube è già scoperto e tu lo guardi, poi reclini la testa all’indietro mentre più veloce del tuo capo un tuo dito me lo sfiora, e come il capitano di tutt’e due le tue mani guida la spedizione che servirà ad affrancarlo dai pochi centimetri di stoffa che lo proteggono. Ora tocca a te, le mie mani ti aiutano perché vogliono farlo, carezzo, sbottono, tiro, tiro via, la tua camicia adesso è aperta sul tuo petto, e te lo bacio mentre tu senti le mie mani sulla schiena, il tiro della stoffa che viene via dai pantaloni che ancora, lì dietro, la trattenevano. Senti che ti tolgo la camicia, poi i pantaloni e poi gli slip, scacciandoli via da noi come corvi da rami, mentre guardo i guizzi di porzioni del tuo corpo che mi appaiono come miraggi. Il tuo petto è bellissimo, liscio e glabro e io te lo bacio ancora, poi per un momento mi fermo, ti guardo anch’io.

Non c'è più scampo. Né senso del dovere, né nient'altro, ci siamo solo noi. Allora cerchiamo la bocca, la cerchiamo sul collo, intorno ad un orecchio, sul mento, tra i capelli, la cerchiamo sulla bocca ma non ce la baciamo ancora, la sormontiamo con la nostra, ci facciamo soggiogare dalla bocca, ora la tua, ora la mia, e poi finalmente il bacio, il bacio delle labbra con le labbra e della lingua con la lingua, sotto, in giro, sopra, le salive mescolate, mentre io scivolo con le mani dietro le tue spalle larghe e nude, salgo e scendo con le dita mentre lo fai anche tu sulle mie, scorri giù e mi carezzi, poi di nuovo le mani sui visi, intorno alle guance, alle mascelle, sulle tempie, nelle labbra, a sfiorare gli occhi, poi la mia schiena inarcata verso di te a offrirti me, perentoria come un ordine al quale dobbiamo obbedire, sotto il palmo della tua mano, sopra, tra le dita, tutto, sotto, vibra, e poi il tuo ventre, la mia mano aperta sopra, come persa in un deserto mentre la tua, di mano, carezza piano lì dove il mio, di ventre, digrada, e poi scende con le punte delle dita in mezzo al pube, nudo come me, e un immaginario tondo nero ci si inizia a chiudere intorno come nel finale di un film muto e in bianco e nero intitolato "Stanno facendo amore dell'amore che provano l'uno per l'altra".

Il mattino dopo ci svegliamo presto, con le mani nelle mani, i visi, i corpi speculari, così vicini. Ho il treno fra un’ora ma mi spoglio della tua camicia, con la quale ho dormito quel poco che ho potuto, dicendoti: “Chiudi gli occhi, guarda con i timpani i fruscii di questo mio spogliarello per te, l’amore si fa, l’amore non è altro che farlo”, ma tu, che l’amore non sia altro che farlo, lo sai già. Poi mi riadagio sotto le lenzuola, a pancia in giù, metto le tue mani sulle gambe che poi schiudo, ancora per te, inarcando appena i glutei perché la carezza sia da me a te, dal mio corpo alle tue mani, e non è necessario dire, né io a te, né tu a me, che tra poco torneremo alle nostre vite, ameremo chi ci ama come si conviene, nascondendo il nostro amore come si fa con un segreto giustamente tenuto nel proprio costato. Se questa è la prima volta che tu ed io ci siamo finalmente visti, non sarà l’ultima, e lo sappiamo tutti e due. Riprenderò ancora un treno dalla mia città alla tua, inventerò ancora un finto incontro di lavoro per farlo e tu chissà cosa per passare una notte fuori, una notte con me, in cui prenderci come si fa con i sogni, a mani aperte, tese, forti, veementi. Qualcuno lo chiama, e condannandolo, "tradimento". Non sapendo nemmeno di cosa sta parlando.

Gemma Gaetani